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12/06/2023

GEOdaysIT 2023, Antonio Acquaviva: professionisti e accademici insieme possono molto

Per la prima volta l’università degli studi "Aldo Moro" e il Politecnico di Bari hanno ospitato GEOdaysIT 2023. All’incontro, che si è tenuto a Bari dal 12 al 17 giugno 2023, ha partecipato il consigliere CNGeGL Antonio Mario Acquaviva



Organizzato da AIT - Associazione Italiana di Telerilevamento, da GFOSS.it APS - Associazione per l'Informazione Geografica Libera e da Wikimedia Italia, GEOdaysIT 2023 è il risultato di una visione comune per la comunicazione e la disseminazione dei temi territoriali legati all’utilizzo del Telerilevamento, dei dati  geografici e del software geografico liberi.

In rappresentanza del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, all’incontro ha preso parte il consigliere CNGeGL Antonio Mario Acquaviva che, nel corso del suo intervento, con uno specifico focus sull’alluvione in Emilia Romagna ha condotto un ampio excursus sulla dimensione italiana relativamente alla gestione e manutenzione del territorio del nostro Paese. Nell’intervista che segue è stata articolata la sua puntuale esposizione. 

L'alluvione in Emilia Romagna ha sollecitato gli esperti a esprimere un parere, ponendo sotto la lente di ingrandimento il consueto luogo comune del disastro annunciato. C’è del vero oppure la fragilità del territorio è una caratteristica imprescindibile? 
Il quadro di riferimento, in particolare per l’opinione pubblica, ci restituisce l’immagine di un Paese che sembra non imparare, non riuscire a fare tesoro delle esperienze passate, annoverando le devastazioni provocate da esondazioni e smottamenti come un disastro annunciato. Una tesi che potrebbe, in parte, rappresentare una verità su cui occorre prima fare dei dovuti distinguo. 

Quali, in particolare?
L'Italia è un Paese complesso dal punto di vista geologico e il suo territorio si modifica naturalmente in base allo scorrere del tempo. Ciò che oggi registriamo è l’esito di un’accelerazione conferita dai cambiamenti climatici, sommata alla mancata manutenzione del reticolo idrografico: un ribaltamento totale che determina inevitabilmente lo "snaturamento dei processi", ovvero la necessaria iniziativa che manca è, pertanto, di tipo strutturale e non politico. Analogamente tale approccio si riverbera nella fattualità: non viene programmata la prevenzione e, tantomeno, la mitigazione.

La presenza delle dighe ha avuto una centralità nei fatti dell’Emilia Romagna?
Le dighe sono sicuramente tra le opere civili più nobili nell'ambito delle infrastrutture, servono per l'energia e attuano il controllo dei flussi d'acqua anomali. La stessa Roma è stata spesso salvata dalla gestione attenta di alcune dighe, che si trovano sul Tevere, e hanno protetto la città in più occasioni. In generale sono ‘rispettose’ dell'ambiente, benché possano a volte alterarlo. Oggi molte sono mal tenute e alcune in Sicilia non sono state aperte. Occorre riadeguare il loro lo scopo, restituendo centralità alla funzione primaria per cui sono state progettate: la mitigazione dalle piogge estreme.

Non riusciamo a intervenire in modo sistematico, malgrado la tecnologia e l'innovazione, la possibilità di ricorrere all’uso di satelliti, droni, tanti metodi per valutare, simulare e prevedere questi episodi. Come mai?
Sarebbero necessarie azioni capillari e continuative, una programmazione permanente. Fra i tanti comitati preposti e le cabine di regia operanti, non disponiamo delle risorse competenti che operativamente rappresentano la massa critica dell’aspetto principale: mettere in atto le opere di manutenzione, mitigazione o modificazione degli elementi critici. Comprensibilmente, e come sopra accennato, occorre cambiare l’approccio e capovolgere la dinamica della situazione, facendo cessare, man mano nel tempo, la necessità di ricorrere all’emergenza.

Questi avvenimenti vengono classificati come estremi e/o imprevedibili. Sarà sempre così?
Il quadro d’informazioni territoriali che abbiamo oggi a disposizione, grazie alle nuove tecnologie satellitari, ci consente di conoscere le informazioni di dettaglio del territorio, ma il problema è un altro: come sopra accennato, non c’è alcuna prassi consolidata che rappresenti il presupposto di una cura consapevole, il pregresso delle dinamiche degli equilibri ambientali territoriali. In sintesi: mentre nel territorio si amplificano gli effetti di un reticolo idrografico sprovvisto di manutenzione, dall’altro canto ci sono decine di enti che si sovrappongono disordinatamente in un conflitto di attribuzioni e, in definitiva, nell’inerzia a provvedere. Questa è una delle mailstones individuate dalla Protezione Civile, in occasione del disastro che ha sconvolto l’Emilia Romagna.

Qual è il nocciolo del problema?
Le figure specializzate scarseggiano e la semplificazione delle procedure amministrative da sola non basta. In relazione al primo punto. se a valle vengono meno i profili dei geologi e degli ingegneri civili, e se anche i geometri sono insufficienti, dobbiamo risalire a monte del processo per rivedere, in primis, le politiche di incentivazione del personale e, in secondo luogo, riscrivere un piano di azioni di orientamento scolastico e universitario che raggiungano un doppio obiettivo: informare i giovani e le famiglie di come alcuni ruoli tecnici e specialistici rispondano alle esigenze del Paese, incrociando l’attrattività di una professione che sappia combinare l’innovazione dei sistemi alle competenze di cui il Paese necessita. 
Per converso, alla burocrazia che rallenta l’attuazione delle misure si somma l’intervento dell’uomo che crea i presupposti per le catastrofi. In Emilia Romagna, per esempio, il processo di cementificazione e consumo del suolo è stato imponente. E se, come in questo caso, sono stati colpiti per lo più i territori intatti, come le colline forlivesi e le aree agricole, ciò non toglie che il corso dei fiumi, le vie naturali dell’acqua e le infrastrutture scontano l’assenza di manutenzione e indirettamente favoriscano l’accaduto. 

È possibile immaginare che un domani un unico centro decisionale possa tracciare la strada per intervenire?
Sconforta la constatazione che ci sono 8,4 miliardi di euro destinati al rischio idrogeologico non spesi, ora confluiti nel piano PNRR a cui è affidato l’auspicio di spendere completamente - e bene - la disponibilità finanziaria. Il problema è ancora una volta l’insufficienza del capitale umano all’interno della pubblica amministrazione ma, anche, la disordinata sovrapposizione delle articolazioni procedurali nella progettazione e nella realizzazione delle opere, non è da meno.

L’impegno da mettere in campo da domani?
La categoria dei geometri, consapevole di costituire la trincea in campo dei saperi scientifici del mondo accademico, occupandosi di topografia, geomatica e, in generale, della conoscenza del territorio, è pronta a solidificare questo binomio per migliorare la forza d’impatto sul decisore politico, alimentando un fronte critico e qualificato per adeguare il quadro normativo dell’agenda politica ed i modelli di governance nella gestione del territorio.
Del resto, è impensabile che il mondo accademico, le università, la ricerca scientifica, e gli attori del territorio come i professionisti dell’area tecnica (ingegneri, architetti, geometri, geologi) non siano connessi fra loro. Insieme possono sviluppare tante attività, dalle indagini preliminari di tipo scientifico ai modelli di simulazione, concertare come modellare i parametri e i limiti per poi progettare delle opere, dando gli input utili a capire quali siano quelle più adeguate, dal punto di vista della geologia, dell'ingegneria civile e della geofisica. E, in definitiva, gerarchizzare la programmazione e la spesa delle opere utili ed urgenti da quelle meno necessarie.

QUI il programma di GEOdaysIT 2023